Per chi come noi, si occupa di Pragmatica del comunicare – ovvero l’utilizzo del linguaggio, delle parole e dei gesti come strumento che crea effetti concreti –, quello delle elezioni presidenziali americane rappresenta da sempre un momento di grande interesse, per studiare la ComunicAzione politica e per analizzare le scelte messe in atto dai candidati e dai loro consulenti.
In TV, sul web e nei giornali non si parla d’altro, dopo tutto siamo alle battute finali e tra poco più di un mese, il popolo americano – e di conseguenza il mondo intero – conoscerà il volto del nuovo Presidente degli Stati Uniti di America.
Come ormai è noto, dalla sterminata quantità di notizie che da mesi circolano nei media di tutto il mondo, dopo una lunga e feroce campagna elettorale per le primarie, i due candidati in lizza per la Casa Bianca sono risultati: il magnate americano Donald Trump, per il Partito Repubblicano e Hillary Clinton, per quello Democratico.
Due candidati molto diversi tra loro, per genere, formazione e idee. Ma anche per lo stile improntato nelle proprie campagne elettorali: quello dell’imprenditore newyorkese costellato da attacchi aggressivi al limite del politically correct e uno stile più sobrio e inclusivo per Hillary Clinton: che ricordiamo è la prima candidata donna nella storia americana. Quest’ultima, ci risulta essere anche la pretendente alla carica presidenziale con il curriculum più pesante: avvocato, ex first lady, senatrice dello Stato di New York ed ex segretario di Stato durante il primo mandato di Obama. Inoltre, come ci ricorda www.ansa.it, in un recente articolo: “I detrattori l’accusano di essere da sempre, […] troppo vicina ai poteri forti e agli ambienti di Wall Street. Dunque, una candidata ‘out of touch’, fuori dalla realtà”.
Di lei vogliamo occuparci scendendo nell’analisi del suo piano di comunicazione, che potrebbe condurla a divenire la prima donna Presidente.
Qui dobbiamo fare una premessa: gli americani hanno come “credenza superiore” il fatto che ogni candidato debba essere trasparente, leale, affidabile e coerente. Nessun scheletro dentro l’armadio è mai stato perdonato. Difatti, dal nostro punto di vista, il problema della campagna Clinton non è il passato – per certi aspetti ingombrante: tutti ricordiamo i giochi proibiti sotto la scrivania di Bill –, ma come si stia comportando ora Hilary, ovvero “cosa” stia scegliendo di comunicare e “come” lo stia comunicando.
Lei si presenta, grazie a spot televisivi, costruiti a regola d’arte, come una semplice donna di casa, per smentire l’immagine di chi la racconta come la donna troppo vicina ai poteri “forti” della finanza mondiale. Una trasformazione miracolosa, che solo la comunicazione politica è in grado di costruire in così breve tempo. Questo però non basta a coprire tutti gli errori della sua comunicazione pubblica.
Per questo motivo, ci siamo permessi di stilare, in modo ironico e forse un po’ provocatorio, quelli che sono, secondo il nostro punto di vista, i TRE PECCATI COMUNICATIVI commessi da Hillary Clinton dai primi mesi del 2015 ad oggi:
1. MENTIRE SENZA SAPER MENTIRE
Pianificare la comunicAzione secondi molti è una vera e propria arte. E in questo senso, Hillary Clinton (e il suo team), non ha dimostrato fino ad oggi, la capacità di prevedere gli effetti desiderati. Sul web, ormai da settimane, impazza un video, che propone 13 minuti di sue dichiarazioni su temi molto importanti come quello della “sanità per tutti” e sulle “unioni gay”, sui quali nel tempo, ha rovesciato completamente la propria opinione, confermando le accuse dei suoi detrattori, ovvero “la capacità di cambiare posizioni a seconda del vento che tira” e soprattutto in base alla convenienza di un determinato periodo politico. Questa sua volubilità, la rende agli occhi di molti, inaffidabile. Un peccato mortale in politica.
2. NON VALUTARE SAPIENTEMENTE GLI EFFETTI DELLA COMUNICAZIONE
Il recente malore della candidata democratica, durante la cerimonia per il quindicesimo anniversario degli attentati dell’11 settembre, non le ha giovato sul piano della credibilità. Già dal mese di agosto, lo staff del rivale Trump, l’aveva accusata di essere malata. Hillary e la sua squadra aveva risposto all’accusa repubblicana con un deciso “sono teorie folli e cospiratorie“, mostrando con un certo risentimento il certificato di buona salute. Le immagini dello svenimento nei pressi del Ground Zero prima e le esitazioni nel comunicarlo ufficialmente poi, hanno creato non poco imbarazzo nell’entourage della Clinton, al punto che il capo del settore della comunicazione Jennifer Palmieri, è stata costretta, il giorno successivo, a pubblicare sul proprio profilo twitter le scuse: “ieri avremmo potuto fare di meglio“. Una mancanza di lealtà verso il popolo imperdonabile, poiché dal nostro punto di vista: chi non sa comunicare gestendo le emozioni che potrà produrre, è improbabile che possa divenire un leader.
3. NON RISPONDERE AL BISOGNO DI TRASPARENZA CHE GLI ELETTORI AMERICANI PRETENDONO
Hillary non è uscita indenne dallo scandalo “Emailgate“, che la vide coinvolta nel marzo 2015, mentre era capo della diplomazia americana e secondo cui, alcune mail “top secret” erano finite “inspiegabilmente” sul suo server privato. Ma il vero errore, da un punto di vista comunicativo, furono le sue dichiarazioni all’indomani della scoperta: “nessuna email ‘top secret’ è mai transitata sul mio computer“, salvo poi essere provato il contrario da parte degli agenti FBI. La notizia inevitabilmente fece il giro del web, provocando effetti devastanti sulla sua credibilità. La Clinton porta ancora oggi i segni di quell’inchiesta. Pensate che secondo un recente sondaggio, sette americani su dieci la reputano una “persona poco sincera”.
Leggendo la nostra classifica dei TRE PECCATI COMUNICATIVI, vi sarete accorti della difficoltà per la candidata democratica, di essere nella propria comunicAzione, realmente efficace ed efficiente nel costruire la “nuova realtà” da far percepire ai suoi potenziali elettori.
Adesso siete tutti invitati a condividere con noi una piccola riflessione. Prima però, vi chiediamo di analizzare l’immagine che segue:
“Le parole sono come pallottole“– diceva Wittgenstein –, che spariamo agli altri, così come i piatti che tiriamo, si rompono! Possiamo tentare di recuperare i cocci ed incollarli, ma rimarranno evidenti le righe della colla, così come rimangono indelebili nelle nostre memorie le parole che ci feriscono o offendono.
Per questo nella nostra vita dovremmo prestare molta più attenzione al “come” comunichiamo, dando un valore diverso alla ComunicAzione, poiché questa crea gli effetti sull’agire umano. Solo atraverso il “come” (comunicare strategicamente) avremo la possibilità di ottenere il risultato desiderato.
Vi salutiamo con un affermazione che, nella nostra conoscenza storica, solo l’ex Presiedente degli Stati Uniti G Rudolph Ford Jr, in proposito, ha avuto il coraggio di dichiarare:
Se tornassi indietro nei miei studi, mi concentrerei esclusivamente su due aspetti: imparare a scrivere e parlare in pubblico. Niente nella vita è più importante dell’abilità di comunicare in maniera efficace e strategica.
Per apprendere la Pragmatica della ComunicAzione e la Leadership Strategica visita le pagine dedicate:
Nardone Model COUNSEL COACHING STRATEGICO ® 35, 41, 44 ( Nice Classification )
(Copyright © di M. Cristina Nardone)
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